In tema di arricchimento senza causa: no alla restituzione di un pagamento non dovuto ma accordato in transazione.
Con questa ordinanza di ieri (cassazione-civile-VI-ord-12405-2020), peraltro interessante anche sotto l’aspetto procedurale ove rammenta i criteri di ammissibilità del ricorso per cassazione avverso la c.d. “doppia conforme”, la Suprema Corte nega il difetto – atto a comportare obbligo di rifusione – della causa giustificatrice dell’arricchimento, in riferimento al pagamento di una somma che la legge prevede non dovuta ma al versamento della quale il ricorrente si era impegnato con un accordo transattivo.
La fattispecie è relativa a contratto di locazione commerciale e si riferisce all’indennità di avviamento, che per la legge – a termini degli artt. 34 e 35 L. 392/78 – è dovuta dal locatore al conduttore unicamente se la cessazione del rapporto locativo non dipenda da fatto o volontà dell’affittuario e se si tratti di immobili utilizzati per attività comportanti contatti con il pubblico. Nel caso di specie, l’attività del conduttore non era tale da giustificare il riconoscimento di quella indennità; tuttavia, le parti, nel concordare la risoluzione anticipata del rapporto, avevano previsto che venisse ugualmente liquidata all’affittuario uscente quella somma. E il locatore, dopo averla versata, ne chiedeva giudizialmente il rimborso. Richiesta respinta in tutti e tre i gradi di giudizio.
Ebbene, è proprio nella transazione che risiede e viene ravvisata la causa che giustifica (e rende irripetibile) l’erogazione.