Sentenza definitiva oppure no?
Il Tribunale definisce una propria sentenza “non definitiva” (ma liquida le spese e implicitamente dispone quindi la separazione da altre domande di cui prosegue la cognizione: questi indici formali depongono per la definitività della pronuncia). La parte soccombente fa riserva di appello. Quindi impugna la decisione insieme a quella definitiva del primo grado, ma la Corte del gravame (Genova) dichiara l’impugnazione della prima decisione inammissibile perché avanzata fuori termine.
La Cassazione a Sezioni Unite (cassazione-civile-SSUU-2021-10242) rimette le cose a posto: valgono sempre i criteri formali (desumibili dal contenuto intrinseco della sentenza) che la costante e consolidata giurisprudenza di legittimità ha da lungo tempo elaborato al fine di stabilire se una pronuncia sia definitiva o meno, ma qualora la decisione stessa sia (ambiguamente o erroneamente) qualificata dall’emittente “non definitiva” l’affidamento della parte va tutelato e non può giustificarsi la compressione del pieno diritto di impugnazione: dunque in questo caso è ammissibile l’appello posposto e proposto mediante riserva (anche se la pronuncia risalente era in effetti definitiva).