Sulla c.d. “domanda trasversale”
Si definisce generalmente “domanda trasversale” (o riconvenzionale trasversale o domanda tra coevocati) quella proposta da un convenuto in giudizio nei confronti di altro convenuto.
Questa recente sentenza della Corte di Cassazione (cassazione-civile-I-ord-2021-12662) ripercorre il dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulla questione e segna un punto di svolta rispetto all’orientamento prevalente sino ad oggi: la domanda rivolta da un convenuto verso altro non può essere assimilata alla riconvenzionale, ma piuttosto alla chiamata di terzo.
Le conseguenze pratiche sono evidenti e rilevantissime nella pratica: occorre a quel fine chiedere, in comparsa di risposta (e perentoriamente nel termine di legge di cui all’art. 166 c.p.c.) il differimento della prima udienza e quindi procedere alla notifica di atto contenente la domanda nuova nei confronti dell’altro convenuto (sostanzialmente analogo alla chiamata di terzo). E ciò non soltanto nei casi in cui l’azione trasversale si fonda su titolo diverso rispetto a quello dedotto in giudizio dall’attore (eventualità nella quale la necessità di chiamata specifica era già stata ravvisata da orientamento minoritario facente capo a Cass. Civ., Sez. III, 12/4/11 n. 8315).
Proprio per l’estrema importanza del tema e l’ampiezza delle conseguenze sul funzionamento del rito ordinario (quindi sul piano pratico per gli operatori), sul punto forse sarebbe auspicabile un intervento delle Sezioni Unite.